L’ultimo dei Consulenti

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Le soluzioni di FederTerziario ai problemi dei Professionisiti

Intorno alla metà degli anni ’70, la casa editrice MB esportava il suo Connect Four, l’intuitivo gioco da tavolo che in un batter d’occhio conquistò i bambini e le bambine italiane (ma anche i meno giovani) con il nome di Forza 4.

La semplicità di dover allineare 4 monete dello stesso colore per battere l’avversario era la chiave per un divertimento assicurato e alla portata di chiunque. Chi non ci ha giocato almeno una volta?

A ripensarci oggi, visti i modi ipertecnologici e purtroppo sempre più solitari in cui bambini e ragazzi giocano e si divertono, sembra davvero di tornare alla preistoria.

Eppure, una volta cresciuti, i bambini degli anni 70’ hanno continuato a giocare a Forza 4 e a tramandarne l’abitudine anche ai loro figli: così ci hanno giocato i bimbi degli anni 80’, perfino quelli degli anni 90’. Poi, la rivoluzione digitale. E tanti saluti ai cari vecchi giochi da tavolo che hanno appassionato più generazioni, in luogo di un flusso pressoché ininterrotto di videogames sempre più avanzati, sempre più tecnologici.

Il repentino passaggio dai giochi “analogici”, rimasti sulla cresta dell’onda per decenni, ai videogame interattivi è uno dei tanti esempi che si possono fare per raccontare la complessità del nostro presente, dominato dalla continua smania di innovare attraverso la tecnologia a una velocità sempre maggiore.

Questa è la direzione che ha preso la nostra società dall’avvento dei computer: una rivoluzione digitale permanente che ha imbeccato le sorti dell’economia, dell’industria e del lavoro fino a giungere alla vita perennemente connessa di oggi.

Che il mercato non sia più lo stesso degli anni ’70, quando ce ne andavamo in giro con i pantaloni a zampa di elefante, è evidente e inconfutabile, così come innegabile è anche il cambiamento nella psiche, nelle attitudini e nelle esigenze dei consumatori.

Questo significa intanto che l’uomo sta continuando a evolversi, ma anche che da circa due decenni lo sta facendo con una velocità mai registrata nel resto della sua lunga storia, tanto che ogni previsione è concorde nell’affermare che, proprio grazie al boost della tecnologia, quest’accelerazione continuerà a crescere ancora, e ancora.

Ma prima di iniziare a temere i robot umanoidi di alcuni film di fantascienza in cui l’uomo perde il controllo delle macchine da lui create, è il caso almeno di considerare come le nuove tecnologie siano realmente entrate a gamba tesa nel lavoro di molte persone, in molti casi essendo di grande supporto alle capacità umane, in molti altri andando a operare forme di concorrenza sleale e sostituendo di fatto l’attività diretta delle persone. È certamente il caso di alcune delle figure professionali care a FederTerziario, come commercialisti e consulenti del lavoro.

Consulenti, una specie a rischio

Un tempo, non troppo remoto, il gioco dei professionisti era semplice come le regole di FT Genova: l’esclusiva sull’erogazione di alcuni servizi necessari alle imprese garantiva loro il profitto, oltre che una posizione di spicco nella società, comunemente riconosciuta e accompagnata da una riverenza simile a quella che era dovuta a medici e sacerdoti.

In tempi recenti però il gioco si è fatto decisamente più duro: l’introduzione di diversi servizi online, la crisi economica e le mutate esigenze dei clienti hanno fortemente compresso il giro di affari dei professionisti legati alle imprese, che, ancorati alle vecchie procedure di una routine ormai cristallizzata, stanno trovando grandi difficoltà nell’adattarsi a questo nuovo scenario.
La verità è che quando si parla del “lavoro del futuro” ci si dimentica che a questi ritmi il futuro è già presente, almeno per chi ha gli occhi per vedere le casse automatiche, i distributori di benzina fai da te, la cosiddetta domotica, le app per ogni esigenza e, nel caso dei nostri professionisti, anche la fattura elettronica, il 730 precompilato dell’INPS e i servizi online di compilazione buste paga a prezzi a dir poco scorretti.

Questi nuovi servizi online hanno dato luogo a forme di concorrenza ben più agguerrita che in precedenza, tanto che anche i professionisti che si rivolgono alle imprese sono stati inseriti nella lista delle specie a rischio estinzione da chi si occupa di delineare il lavoro del futuro.

Quindi dovremmo iniziare a proteggerli in riserve come il panda? La questione è aperta ed ha generato un dibattito arrivato fino al Parlamento, dove è al vaglio l’introduzione di un equo compenso (prezzi minimi) e di un limite alle clausole vessatorie: misure che limitano di certo la proverbiale libertà economica dei liberi professionisti, ma che molti ritengono oggi necessarie per ovviare alla bassissima redditività di molti servizi oggi erogati dagli appartenenti a questa categoria.

Chi, probabilmente per la prima volta in vita sua, è sceso in piazza per difendere la dignità del proprio lavoro, si scontra però con quei colleghi che la dignità e l’orgoglio vogliono conservarlo rifiutando il salvagente dello Stato e, se in difficoltà, rimettendosi in gioco per adattarsi meglio al nuovo scenario per essere più preparati alle nuove sfide del mercato. Una strada sicuramente non facile, ma che può diventare percorribile grazie alla guida illuminata e lungimirante di FederTerziario, che da tempo ha compreso quanto i professionisti stiano subendo enormemente i processi di disintermediazione e automatizzazione dei servizi da loro offerti e anche quanto poco abbiano preso atto di questa rivoluzione già in corso.

Una rivoluzione, come detto, che li vede in prima linea tra i soggetti maggiormente a rischio soprattutto perché i primi a essere penalizzati dall’efficienza, dall’infallibilità e dall’abbattimento dei costi che garantiscono i software, sono ovviamente tutti coloro che basano la propria attività sull’applicazione di regole e codici: appunto avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro, insieme a tutti coloro che svolgono mansioni facilmente automatizzabili ed eseguibili da un programma informatico.

Il Consulente oggi: statistiche e campanelli d’allarme

Se da un lato è possibile anche non dare credito a queste funeste previsioni, più difficile è invece non credere ai dati statistici, come ad esempio quelli emersi dalla ricerca “Crescita e consolidamento nel futuro dei consulenti del lavoro” realizzata nel 2017 dal Censis per conto dell’Ente di previdenza di Categoria (Enpacl) con il patrocinio del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro.

La ricerca Censis mette in evidenza come a generare maggiore profitto per questa particolare categoria siano le tradizionali attività del consulente riguardanti l’amministrazione del personale (paghe, previdenza) e quelle in materia contabile e fiscale: servizi erogati dalla quasi totalità del campione sondato, ma che hanno in sé tre motivi di preoccupazione.

Intanto, per generare insieme l’84% del profitto totale, portano via moltissimo tempo a chi le svolge; secondariamente, proprio perché garantite da tutti, non permettono alcun tipo di specializzazione del professionista che lo distingua da un’enorme massa di concorrenti percepiti uguali dai clienti, i quali ricorreranno quindi all’unico criterio del prezzo per le loro scelte e innescheranno così la sempre deleteria “guerra al ribasso” (oggi un problema molto serio per la categoria); ultimo ma non ultimo: sono attività che non richiedono granché l’inventiva e l’ingegno e la capacità di astrazione umana, ovvero sono proprio quelle più facilmente automatizzabili e quindi appetibili da chi eroga simili servizi online.

Di contro, risulta anche che molta meno incidenza nelle entrate dei consulenti del lavoro hanno tematiche decisamente più relazionali, dove le abilità della persona possono davvero fare la differenza: sono le consulenze in materia finanziaria e societaria, ma anche in materia di formazione, oggi l’unico investimento redditizio per ciò che concerne il cosiddetto capitale umano. Va da sé che se ai professionisti mancano le competenze per fornire servizi di qualità in questo campo, se ne occuperanno sempre di meno, innescando così un circolo vizioso che porta la redditività di tali attività a inabissarsi e i clienti a rivolgersi altrove.

A proposito di clienti, oggi come li trovano e come interagiscono con loro i consulenti? I mezzi sono molteplici: si affidano soprattutto al passaparola (l’83,5%) e alle proprie relazioni sociali e amicizie (il 65,6%), mentre sono molto molto trascurate le enormi possibilità offerte dalla pubblicità, dalle iniziative promozionali, dalla partecipazione attiva alla vita pubblica e dai social, senza contare che in Italia addirittura il 70% degli studi professionali non ha un proprio sito web e che del restante 30% solo il 13,7% lo usa per interagi re coi clienti.

A chiudere il quadro, si noti come solamente il 36,8% degli intervistati dichiari di aderire a reti di collaborazione formale e informale con altri professionisti.

STRUMENTI USATI PER PROMUOVERE L’ATTIVITÀ PROFESSIONALE – Totale superiore a 100 perché possibili più risposte. Fonte: Indagine Censis-ENPACL, 2017

Lo scenario descritto dalla ricerca Censis rileva una sostanziale tenuta della professione ma evidenzia anche numerosi campanelli d’allarme. Grazie all’elaborazione di questi dati, possiamo quindi delineare un…

Identikit del Consulente

  • impiega la maggior parte del tempo a produrre cedolini e buste paga
  • non promuove il proprio studio adeguatamente
  • non ha un sito internet
  • non gode delle possibilità offerte dalle reti di collaborazione

Le 4 caratteristiche qui riportate sono purtroppo fattori piuttosto limitanti per gli affari dei consulenti del lavoro, ma lo stesso, con varianti poco significative, si potrebbe asserire circa altri professionisti attanagliati dai medesimi problemi.

Infatti, oggi le aziende richiedono consulenti sempre più specializzati, informatizzati e capaci di dar sostanza alle innumerevoli opportunità offerte dalla digitalizzazione del lavoro. Necessitano di consulenze sempre più performanti e strategiche in grado di orientare gli imprenditori alle scelte migliori e garantire loro previsioni di bilancio e ritorni di investimento quasi in tempo reale.

Ne consegue che tecnologia e formazione continua sono strumenti indispensabili affinché i professionisti possano competere sul mercato attuale, gestire e promuovere al meglio la propria attività e diventare così un punto di riferimento indispensabile e insostituibile delle piccole e medie imprese italiane.

La ricetta di FederTerziario per salvare i Professionisti

Così come molti imprenditori, anche i professionisti possono considerarsi a un punto di svolta: possono aspettare di vedere uscire in libreria “L’ultimo dei professionisti”, oppure possono scegliere di adottare un approccio più al passo coi tempi.

Come?

Ottimizzando il proprio tempo per offrire ai clienti servizi specialistici di qualità ad alta redditività e garantendosi un flusso più stabile di richieste, grazie a:

  • NUOVE TECNOLOGIE
  • FORMAZIONE
  • MARKETING
  • RETI DI COLLABORAZIONE

È proprio questa la ricetta di FEDERTERZIARIO GENOVA!
Un illuminante percorso informativo e formativo al cui termine
imprese grandi e piccole non potranno più fare a meno dei loro preziosi consulenti, riconoscendone l’imprescindibilità anche grazie alle enormi potenzialità aggregative dell’ASSOCIAZIONE.

Ovviamente sempre a patto che i professionisti siano pronti a rinnovarsi.
Solo così potranno offrire una consulenza strategica tesa a soddisfare in toto le richieste delle aziende dei clienti.
Solo così potranno spronarli alla digitalizzazione e anticipare i cambiamenti del mercato, diventando in questo modo il vero perno attorno al quale ruota la stabilità dell’impresa.